Gran parte della complessità dei servizi finanziari moderni è il risultato dell’ arbitraggio normativo. Tale arbitraggio è un processo attraverso il quale si evita o riduce la restrizione regolamentare impegnandosi in una transazione con effetto commerciale più o meno identico, ma un trattamento normativo più favorevole.

Questa fu l’origine, e lo scopo iniziale, dei CDS (credit Default Swap). L’idea era di sfruttare le differenze tra la regolamentazione delle banche e delle compagnie di assicurazione. Le banche erano tenute a detenere riserve a fronte di finanziamenti. Tali riserve sono calcolate in proporzione alla quantità di prestito. Anche le compagnie di assicurazione sono tenute a detenere riserve, ma queste sono calcolate in proporzione alle perdite stimate sulle politiche aziendali.

Se una transazione è vietata in un paese, o è regolamentata o
tassata o rappresentata in un modo che non ti piace, forse si può fare
la transazione da qualche altra parte. Lehman aveva acquistato un parere legale
su questo argomento che favorisse il suo modo di operare e ne ha desunto che
fare affari a Londra fosse piu’ conveniente che a New York. Le operazioni rilevanti erano quindi instradate attraverso Londra per essere regolate dalla legge inglese.
I paesi possono favorire l’ arbitraggio giurisdizionale. Negli anni precedenti la
crisi finanziaria globale, i politici sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti
avevano capito bene che la Gran Bretagna stava usando una regolamentazione più flessibile come strumento per attrarre business da New York a Londra. Luoghi come le isole Cayman possono essere ancora più accomodanti. Queste posizioni off-shore ( ‘Isole del Tesoro’ ) sono spesso descritte come “paradisi fiscali”, ma sono anche paradisi normativi. I Grimaldi di Monaco sono stati i primi a scoprire il potenziale di redditività di tale attività quando hanno istituito il casinò di Monte Carlo centocinquanta anni fa, e l’arbitrato giurisdizionale da allora è diventato una fonte di reddito importante per molti piccoli Stati. L’ arbitrato normativo, l’arbitrato fiscale e di contabilità costano tutti denaro. Dal punto di vista dell’ economia non-finanziaria le risorse destinate all’ arbitrato sono uno spreco scoraggiante. Alcune delle menti più intelligenti del paese si sono dedicate ad attività il cui obiettivo è danneggiare intenzionalmente gli obiettivi di un’efficace regolamentazione, una tassazione efficiente e una contabilita’ onesta e trasparente. Oltre alle spese che vanno agli avvocati e ai commercialisti che elaborano questi schemi, le imprese pagano i commercianti per “trasformare il fango in oro” e ricevono un trattamento normativo, fiscale o contabile più favorevole. L’ arbitrato è quindi un contributo significativo ai profitti commerciali delle istituzioni finanziarie. Ma qual è l’origine di questi profitti? Questa non è una domanda semplice. La risposta sembra chiara nel caso dell’ arbitrato fiscale.
L’arbitrato è utile se l’imposta evitata è superiore al costo di impegnarsi nell’ evitare la transazione. La società che non paga la tassa guadagna, i consiglieri guadagnano, i commercianti guadagnano: il fisco perde un importo corrispondente. L’arbitrato fiscale è un mezzo per prendere i soldi dalle tasche del pubblico e di trasferirli a consulenti, commercianti e alle aziende che li impiegano.

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