Dopo il 1929, i governi ritennero responsabili coloro che si erano arricchiti di aver condotto il mondo sull’orlo dell’abisso: grandi aumenti delle tasse sui profitti e imposte progressive sui redditi molto alti e sulla ricchezza, ogni sorta di nuovi controlli sui capitali (regolamentazione finanziaria rigorosa, controlli sul prestito, nazionalizzazioni, ecc).

Furono queste risposte politiche a portare alla storica riduzione della disuguaglianza, non la crisi finanziaria di per se stessa.
Oggi, i problemi sono diversi da un punto di vista tecnico (Stock option, paradisi fiscali, ecc), ma restano fondamentalmente gli stessi.
Lasciato a se stesso, il capitalismo, poiché e’ profondamente instabile e diseguale, porta naturalmente a catastrofi. Purtroppo, sembra che siano necessarie nuove crisi perche’ i governi lo riconoscano pienamente.

[…]

Questo non significa che le banche centrali hanno fatto la cosa sbagliata: la nuova liquidità senza dubbio ci ha aiutato a evitare una cascata di fallimenti e
impedito alla recessione di diventare depressione. Questo a condizione che
i governi ora riescano ad imporre regolamenti finanziari rigidi che impediscano
che tali disastri si ripetano, pretendano la responsabilità (e le tasse) dalle
banche, e, per giunta, sgravino il debito che i governi hanno con loro.
Se ciò non accade, i cittadini potrebbero logicamente concludere che questo
intero episodio è un’assurdità economica: profitti delle banche e rimbalzo del bonus, scarse opportunita’ di lavoro e salari deboli, e ora dobbiamo stringere la cinghia per pagare il debito pubblico, a sua volta creato per risanare le follie finanziarie dei banchieri che, tra l’altro, sono tornati a speculare, questa volta contro i governi, con tassi di interesse di quasi il 6 per cento imposto ai contribuenti irlandesi e greci. I contribuenti greci che,dal canto loro, hanno involontariamente pagato 300 milioni di euro in tasse a Goldman Sachs per
abbellire i propri conti pubblici. Demagogia? No. Solo un’osservazione: per
riconciliare i cittadini con le banche, sara’ necessario fare qualcosa di più che grandi discorsi.
Obama l’ha capito, ed ha annunciato un’ambiziosa proposta di regolamentazione delle banche. Ma egli è politicamente indebolito. In Europa, il fatto che la BCE
continui a fare affidamento sulle agenzie di rating nei suoi acquisti di obbligazioni governative (l’annuncio che ha innescato la crisi greca), anche se
nulla nel suo statuto giuridico imponga di farlo, non ha più senso nel
contesto attuale. Con questa crisi, la BCE ha convinto gli europei della sua
utilità: tutti capiscono che lasciare che i mercati speculino sul franco, il marco tedesco, e la lira italiana non sarebbe servito a nulla.
Ora essa puo’ affermare la sua autonomia rispetto ai mercati finanziari,
supportata da un vero e proprio governo economico europeo. Dall’altra parte dell’Atlantico, le autorità pubbliche non hanno tale modestia: nel corso dell’ultimo anno, la Fed ha stampato 300.000.000.000 di dollari per comprare buoni del tesoro, senza chiedere l’ opinione dei mercati. Anche l’Europa deve accettare il fatto che l’inflazione al 4 o 5 per cento è il modo meno penalizzante di liberarsi di questo debito. In caso contrario, i cittadini europei dovranno pagare il conto ancora una volta. Non c’è alcuna garanzia che lascino che cio’ si verifichi.

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