Ivan Krastev :”After Europe”

Ivan Krastev :”After Europe”

La democrazia come regime che favorisce l’emancipazione delle minoranze (sfilate gay, marcia delle donne, politiche d’azione affermative) viene soppiantata da un regime politico che rinforza i pregiudizi delle maggioranze. E la forza trainante della trasformazione è lo shock politico causato dal flusso di rifugiati e migranti.

Nella distopia demografica, i cittadini affrontano una scelta non meno rigida. Per garantire la loro prosperità, gli europei devono aprire le loro frontiere; ma tale apertura minaccia di annientare la loro distinzione culturale. In alternativa, gli europei potrebbero chiudere i loro confini, ma avrebbero bisogno di essere preparati ad un ripido declino del livello generale di vita e un futuro dove tutti dovranno lavorare fino a che la resistenza fisica non lo rende impossibile.

john McMurtry :”The Cancer State of Capitalism”

john McMurtry :”The Cancer State of Capitalism”

La crisi economica mondiale che si avverte alla fine del millennio non è inaspettata se si osservano i macro-indicatori. Ma come vedremo, le sequenze che dal denaro producono più denaro che guidano i circuiti cancerogeni non hanno alcun corpo di riferimento al di là di se stessi nel sistema di mercato globale che alloca e dispensa la ricchezza delle nazioni. Tutte le coordinate della fusione ambientale, sociale e economica globale sono in realtà connesse e la loro causa comune sta nella proliferazione delle sequenze mutanti di domanda di denaro il cui principio definitivo – come il paradigma economico dominante che li ospita – non è quello di servire, ma di nutrire l’organismo ospitante. Una chiara comprensione dell’eziologia, dei determinanti e degli effetti di questa malattia globale e le sequenze di vita sottostanti che le resistono, è richiesta per combatterlo. Il riconoscimento di una malattia è sempre la condizione necessaria per rispondere con successo, a livello sociale dell’organizzazione della vita non meno che a livello cellulare. Ma in questa fase le risorse dei sistemi immunitari sociali e dei beni comuni civili che li portano sono basi vitali di risposta efficace che non sono ancora state pienamente comprese o mobilitate.

Pietra Rivoli: “The Travels of a T-Shirt in the Global Economy”

Pietra Rivoli: “The Travels of a T-Shirt in the Global Economy”

In effetti, le manovre imprenditoriali sorprendentemente creative che sono state intraprese per affrontare il regime delle quote sono evidenti come qualunque cosa nel fiuto per gli affari dei manager cinesi. I manager che sono cresciuti imparando ad affrontare il regime irrazionale di Mao Tse-tung hanno un vantaggio, sembra, nel trattare la politica commerciale statunitense. L’Esquel Corporation, oggi il più grande produttore mondiale di magliette di cotone, ha iniziato a Hong Kong alla fine degli anni Settanta, ma, incapace di ottenere una quota per vendere negli Stati Uniti, ha spostato la produzione nella Cina continentale. Quando gli Stati Uniti hanno ristretto le quote della maglietta cinese nei primi anni ’80, Esquel ha spostato la produzione in Malesia. Quando anche la quota malese divenne difficile da ottenere, Esquel si trasferì ancora una volta, questa volta in Sri Lanka. Il globe-hopping è continuato, con spostamenti in Mauritius e Maldive. Altre imprese cinesi hanno fatto lo stesso gioco, spedendo pelliccie di capre mongole alle piccole isole che avevano una quota extra di maglioni in cashmere. Un problema di questo sistema è che i paesi con quote spesso non avevano alcuna esperienza e pochi lavoratori, per cui le imprese furono costrette a spedire lavoratori cinesi a Mauritius e manager cinesi in Cambogia. I cinesi continuavano a produrre gli abiti, anche se i tempi di viaggio e la complessità delle operazioni erano notevolmente aumentati. L’immagine delle corporazioni di globe-trotting spesso presentate da attivisti antiglobalizzazione così come dai produttori tessili a Washington demonizza le aziende per la loro scarsa fedeltà, e soprattutto per le loro mosse fugaci alle posizioni di produzione più economiche e meno costose. Mentre questa storia “da corsa verso il basso” è effettivamente calzante, è importante notare che il globe-hopping che osserviamo nelle industrie tessili e di abbigliamento è anche il risultato delle politiche che sono state originate dagli interessi tessili. E’ stata la politica tanto quanto i mercati che hanno alimentato la gara alla base, anche se la politica altera il corso della gara. Come riferisce il Financial Times, l’industria dell’abbigliamento ha globalizzato in risposta alle barriere commerciali piuttosto che in risposta ai mercati aperti.

Wolfgang Streeck : “Buying Time”

Wolfgang Streeck : “Buying Time”

La democrazia, secondo Hayek, sarà compatibile con la libertà (in particolare la libertà economica) solo quando l’attività del governo (specialmente nell’ambito della politica economica) sara’ strettamente vincolata da regole generali e non può mai essere “arbitraria”. Soprattutto, alla democrazia deve essere impedito di cedere alla costante tentazione di interferire per correggere i risultati dei mercati liberi; questo deve essere impedito da disposizioni costituzionali.
Più specificamente, Hayek propone di trasferire i poteri legislativi a una “assemblea legislativa” i cui membri sono eletti per quindici anni, per un solo mandato. Ogni cittadino potrebbe votare solo una volta nella vita, all’età di 45 anni, in modo che le persone nate in un determinato anno occupassero un quindicesimo dei seggi nell’assemblea.
I rappresentanti dei partiti politici e dei gruppi di interesse (funzionari sindacali!) Non dovrebbero essere autorizzati a candidarsi alle elezioni; l’indipendenza dei deputati dovrebbe essere rafforzata da disposizioni generose per la loro vecchiaia. I mezzi usati oggi per immunizzare l’economia capitalista contro le politiche di intervento democratico sono ovviamente diversi, sebbene la Commissione Europea e la gestione della Banca Centrale Europea siano ancora meno soggette ad elezione dell’assemblea proposta da Hayek.

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In pratica, i governi che si sono impegnati in un “tetto del debito” sono costretti a trovare e utilizzare nuovi tipi di finanziamento anticipato che non appariranno nei loro bilanci, in particolare per i progetti di investimenti pubblici. Pertanto, negli Stati di consolidamento ci si può aspettare un ampio mercato per il partenariato pubblico-privato (PPP), in base al quale le imprese private al posto del governo assumono prestiti per progetti di edilizia pubblica che lo Stato o i suoi cittadini devono pagare come utenti per anni o decenni. Le prime esperienze con accordi di questo tipo danno motivo di temere che governi e parlamenti, specialmente a livello subnazionale, abbiano solo raramente la competenza per comprendere accordi di partnership di migliaia di pagine redatti da studi legali internazionali, o per cogliere i veri costi e rischi loro connessi. Consulenti e avvocati potrebbero trovare in questo ambito un lavoro redditizio che costerà caro all’autorità pubblica. Una buona introduzione all’argomento si può trovare nella voce di Wikipedia su “Public – private partnership”.

Wolfgang Streeck : “Buying Time”

Wolfgang Streeck : “Buying Time”

La deregolamentazione come programma per la crescita ha il considerevole vantaggio politico che nessuno può seriamente aspettarsi che faccia miracoli a breve termine – e che, se i miracoli non si verificano anche a lungo termine, si può sempre argomentare che, in modo tutt’altro che perfetto, non ne era stata applicata abbastanza. Nel frattempo, per calmare il paziente mentre viene somministrata la medicina amara, la democrazia deve essere sospesa il più possibile, ad esempio con l’installazione di “governi di esperti”.

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La coalizione che vuole mantenere l’euro include naturalmente “i mercati”, nella misura in cui hanno investito in essa e vogliono essere sicuri che i loro prestiti denominati in euro saranno rimborsati per intero. Tuttavia, potrebbero anche fare soldi da un collasso della valuta comune, se dovessero adeguarsi nel tempo e, così facendo, accelerare l’eliminazione delle monete nazionali, a favore di una moneta comune, idealmente per l’intero mercato comune, come era nella logica della svolta neoliberista volta a liberare l’economia dall’invasione politica; è stato il vero coronamento del progetto del mercato unico. Un’economia politica stilizzata della coalizione pro-euro che fino ad oggi ha sceneggiato le politiche di crisi europee inizia con le industrie di esportazione dei paesi in eccedenza – soprattutto quelli della Germania, che in questo aspetto è in completo accordo con i sindacati che organizzano i loro lavoratori. Per loro, l’euro garantisce che le misure protettive dei governi stranieri non possano rendere i loro beni artificialmente più costosi in altri paesi europei. Un ulteriore motivo per cui difendono l’euro è che nell’attuale crisi i problemi economici dei paesi deficitari riducono il tasso di cambio dell’euro rispetto alle altre valute, migliorando così le opportunità di mercato per la sezione competitiva dell’industria europea al di fuori dell’Europa. In Germania, quindi, né la Democrazia Cristiana, il partito vicino all’industria, né il partito Socialdemocratico, che è vicino ai sindacati, mettono in dubbio la politica di aderire all’euro a qualsiasi prezzo, sia considerandolo come una pietra angolare dell’interesse nazionale che il più importante terreno comune della politica nazionale tedesca.

Stephen Hawking: “The fifth lie of rentier capitalism”

Stephen Hawking: “The fifth lie of rentier capitalism”

“Ognuno può godere una vita di lussi e agi se la ricchezza prodotta dalle macchine è condivisa, al contrario molte persone possono finire in miserabile povertà se i proprietari delle macchine si coalizzano con successo contro la redistribuzione della ricchezza. Finora, la tendenza sembra andare verso la seconda opzione, con la tecnologia al servizio della disuguaglianza sempre crescente”.

Stephen Hawking, Ottobre 2015

Wolfgang Streeck : “Buying Time”

Wolfgang Streeck : “Buying Time”

Come è diventato dolorosamente chiaro dopo il 2008, l’enorme afflusso di denaro durante quegli anni è servito principalmente a creare bolle che potevano sembrare una crescita ma non era così nella realtà; il brusco risveglio arrivò quando i prestiti a buon mercato si prosciugarono in mezzo alla crisi del sistema finanziario mondiale e i governi, allo stesso modo delle famiglie e delle imprese, non furono più in grado di servire il loro debito. Sorprendentemente, la discussione pubblica sulla crisi finanziaria e fiscale difficilmente tocca la questione del perché nessuno nei grandi macchinari di supervisione dei grandi stati nazionali e dell’UE, della BCE, dell’OCSE o dell’IMF ha notato cosa stava succedendo sotto i loro occhi. Quando la Grecia dovette mascherare il proprio debito per ottenere l’ammissione all’Unione Monetaria Europea, e poi iniziare a riscuotere enormi debiti ai nuovi bassi tassi di interesse, è ora noto al pubblico che la famigerata banca d’investimenti americana Goldman Sachs l’aiutò – con i suoi tassi usuali esorbitanti – a sanare i suoi conti. Sembra a malapena credibile che nulla di tutto ciò sia stato oggetto di sospetto nell’alta “comunità finanziaria” internazionale “in rete”. Il presidente della banca centrale greca all’epoca era l’economista Lukas Papademos; fatto il suo lavoro, è diventato vicepresidente della Banca centrale europea (e nel 2011 è stato nominato primo ministro greco dai governi dell’UE, in qualità di “esperto” apolitico esterno, incaricato di attuare “riforme” per garantire che il suo paese potesse rimborsare i suoi creditori). Dovremmo credere che, dopo la sua promozione a Francoforte, i suoi contatti in Grecia siano stati così completamente distrutti da non poter più ottenere informazioni attendibili sullo stato reale delle finanze pubbliche della Grecia? All’incirca all’epoca in cui Papademos si trasferì alla BCE, Mario Draghi, vicepresidente di Goldman Sachs con responsabilità speciale per le sue attività europee, fu nominato governatore della Banca d’Italia, con un seggio nell’esecutivo della BCE. Questa mossa, che implica un attacco di amnesia, significa probabilmente che il mondo della politica e dell’alta finanza fossero entrambi più che contenti della sostituzione, facilitata dall’unione monetaria, delle sovvenzioni fiscali internazionali con prestiti nazionali: i governi, perché il loro spazio di manovra fiscale era esaurito; e l’industria monetaria, per l’apertura di nuovi mercati e perché è stata incoraggiata a credere che, se tutto il resto fosse fallito, gli Stati membri più ricchi avrebbero pagato i debiti dei più poveri, in modo che le istituzioni finanziarie dell’Europa e dell’America uscissero indenni, qualunque cosa fosse accaduta.

Michael Hardt, Antonio Negri : “Impero”

Michael Hardt, Antonio Negri : “Impero”

Al giorno d’oggi, la mobilita’ della forza lavoro e i movimenti migratori sono estremamente diffusi e sono molto difficili da descrivere. Anche i piu’ significativi movimenti di popolazioni della modernita’ – comprese le migrazioni atlantiche dei bianchi e dei neri – rappresentano fenomeni di proporzioni lillipuziane a confronto degli enormi trasferimenti di popolazione dei nostri tempi. Lo spettro delle migrazioni di massa si aggira per il mondo. Tutte le potenze del vecchio mondo si sono coalizzate in una campagna spietata contro di esse, ma il movimento e’ irresistibile. Accanto alla fuga dal cosiddetto Terzo mondo, ci sono i flussi dei rifugiati politici e i movimenti della forza lavoro intellettuale, a cui si aggiungono i massicci trasferimenti del proletariato rurale, manifatturiero e dei servizi. Le migrazioni legali di individui che possiedono dei documenti non sono nulla a confronto delle migrazioni clandestine. I confini degli stati nazionali sono ridotti a colabrodi e qualsiasi tentativo di regolazione integrale si scontra con una pressione irriducibile. Gli economisti si sforzano di spiegare questi fenomeni ricorrendo alle equazioni e ai modelli che, se anche fossero esaustivi, non spiegherebbero mai l’irriducibile desiderio della liberta’ di movimento. Negativamente, quello che spinge queste moltitudini e’ la necessita’ di disertare le miserabili condizioni culturali e materiali della riproduzione imperiale; positivamente, e’ la ricchezza del desiderio e l’accumulazione delle capacita’ espressive e produttive, determinate dalla globalizzazione, nella coscienza di ogni individuo e gruppo umano – e, dunque, anche una certa speranza. La diserzione e l’esodo sono potenti forme della lotta di classe all’interno e contro la postmodernita’ imperiale. La mobilita’, tuttavia, costituisce un livello ancora spontaneo della lotta e, come abbiamo gia’ notato, molto spesso comporta nuove e sradicate condizioni di poverta’ e miseria.