La ricerca olandese ha utilizzato i dati Eurostat per 12 paesi della zona euro, tra cui la Grecia, mostrando una crescente divergenza tra i paesi della zona euro in termini di inflazione, crescita del PIL annuale, produttività, costo del lavoro per unità di prodotto, tassi di disoccupazione e posizione debitoria. Ad esempio, sul versante positivo c’è stata la Finlandia, il cui debito nazionale ha registrato una riduzione al 39,7 per cento del PIL nel 2009: nel 1999, aveva il più piccolo debito pubblico con il 45,5 per cento del PIL. Tali percorsi divergenti mettono in pericolo la valuta comune. Questo può essere risolto in tre modi: innanzitutto, armonizzando tutti i paesi della zona euro; in secondo luogo, accettando un trattamento diversificato bilanciato dai flussi interni nella zona euro; e terzo, rischiando la pressione del finanziamento ombra attraverso hedge fund e altre entità finanziarie. Diversi Stati membri dell’UE con maggiori disavanzi pubblici diventano più vulnerabili alla speculazione a causa di una crescente divergenza, mentre il consenso ancora prevalente dell’Europa accoglie con favore la contrazione o “ritirata dello stato” nelle parole di Susan Strange. Tuttavia, per frenare la speculazione che beneficia delle differenze interne all’interno dell’UE, o per gestire senza problemi tali differenze, gli Stati devono intervenire. Il consenso prevalente (privatizzazione, riduzione dell’occupazione pubblica, congelamento dei salari, liberalizzazione, esenzioni fiscali ai ricchi) aumenta anche la divergenza in termini di disuguaglianza. Se accompagnato da una scarsa crescita in vari stati membri, potrebbe provocare attacchi xenofobi e polarizzazione politica e sociale. Inoltre, Wilkinson e Pickett hanno dimostrato che un’elevata disuguaglianza sociale e un più alto grado di povertà relativa portano a maggiori problemi sanitari e sociali.

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