La finanza e la tecnica hanno facilitato uno spostamento nel controllo delle entità economiche, in congiunzione con il debito e la leva finanziaria. Il controllo è importante quanto la proprietà ma distinto da esso. In un capitalismo che è sia finanziato che tecnificato, i due tendono a disconnettersi non solo nella sfera finanziaria ma anche nell’economia reale. Al fine di disattivare la trappola del debito, dobbiamo stabilire dei limiti attraverso i controlli e i saldi in entità economiche, con un controllo di corrispondenza necessario. In effetti, il controllo deve essere riconsiderato come proveniente non solo dall’esterno, ma prima di tutto dall’interno. Quando la crisi economico-finanziaria globale svanirà, saranno scossi molti sogni, certezze e credenze. Il consenso prevalso negli ultimi 30 anni è stato rotto. L’estremo indebitamento generalizzato cui stiamo assistendo oggi è in larga misura la manifestazione di qualcosa di più profondo. C’è un passaggio dal ruolo centrale della proprietà nelle prime fasi del capitalismo a un sistema che usa il controllo per ottenere benefici senza portare il rischio della proprietà. Da un lato, vi è un cambiamento nel tipo e nella scala del controllo e, dall’altro, una perdita di controllo da parte delle parti interessate dell’economia reale.
Questo processo ha incoraggiato un ulteriore indebitamento. Un’economia etichettata come ideale era infatti carica di debito, accompagnata da una perdita di controllo in entità economiche, rendendo quest’ultima estremamente vulnerabile a qualsiasi evento critico, creando rischi sistemici e mettendo in pericolo la ricchezza generale. In breve, la “trappola del debito” è stata uno dei principali meccanismi della crisi.

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