Michael Hardt, Antonio Negri: “Declaration”

Michael Hardt, Antonio Negri: “Declaration”

Il capitalismo non riesce a produrre, sostenere e garantire norme efficaci di governo globale, e di conseguenza i mercati finanziari sono continuamente in grado di travolgere economie e società in modo tale da svantaggiare ulteriormente i poveri. Altre due caratteristiche definiscono la situazione attuale. In primo luogo, come abbiamo sostenuto ampiamente altrove, ora si realizza la produzione presso entrambi il livello locale e globale nel contesto del comune: la forza lavoro è diventata comune, la vita è stata messa a lavorare, lo sviluppo capitalista in forma di finanziarizzazione coinvolge in modo preponderante lo
sfruttamento dei beni comuni, e così via. In secondo luogo, lo sviluppo capitalistico è afflitto da una irrisolvibile crisi economica, sociale e politica. Questa crisi può essere spiegata almeno in parte dal fatto che mentre le forze produttive stanno diventando sempre più comuni, i rapporti di produzione e di proprietà’ continuano ad essere definiti da regole e norme individualistiche e privatistiche, che non sono in grado di cogliere la nuova realtà produttiva e sono completamente esterne alle nuove fonti comuni di valore. Quello che ci serve, invece, è un salto di qualità, un cambiamento di paradigma.

Jeremy Rifkin: “The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism”

Jeremy Rifkin: “The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism”

Se ti avessi detto 25 anni fa che, nel tempo di un quarto di secolo, un terzo del genere umano si sarebbe scambiato informazioni attraverso enormi reti globali di centinaia di milioni di persone – scambiandosi audio, video e testo – e che la conoscenza combinata del mondo sarebbe stata accessibile da un cellulare, che ogni singolo individuo avrebbe potuto pubblicare una nuova idea, introdurre un prodotto o passare un pensiero a un miliardo di persone allo stesso tempo, e che il costo di tutto questo sarebbe stato quasi nullo, avresti scosso la testa incredulo. Tutto cio’ ora e’ realtà. E se vi dicessi che tra 25 anni la maggior parte dell’energia utilizzata per riscaldare la vostra casa ed alimentare i vostri apparecchi, il vostro business, guidare il vostro veicolo e far funzionare ogni parte dell’economia globale sarà quasi gratis allo stesso modo? Questa è già realta’ per diversi milioni di primi utenti che hanno trasformato le loro case e le loro imprese in impianti microalimentati atti a raccogliere le energie rinnovabili in loco. Anche prima che qualsiasi costo fisso per l’ installazione di impianti ad energia solare ed eolica sia ripagato, spesso in un periodo da due a otto anni, il costo marginale dell’energia raccolta è quasi nullo.
A differenza dei combustibili fossili e dell’uranio per l’energia nucleare, in cui la merce costa sempre qualcosa, il sole raccolto sul tetto, il vento che risale il lato del palazzo, il calore proveniente dal suolo sotto il vostro ufficio, e la spazzatura in decomposizione anaerobica che si trasforma in energia da biomassa nella vostra cucina sono tutti quasi gratis.

Jeremy Rifkin: “The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism”

Jeremy Rifkin: “The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism”

E’ stato all’ inizio dell’era capitalista che la gente ha cominciato a ritirarsi dietro porte chiuse a chiave. La vita borghese era un affare privato. Sebbene le persone avessero un’ immagine pubblica, gran parte della loro vita quotidiana si svolgeva in spazi privati. A casa, la vita era più isolata in stanze separate, ciascuna con la propria funzione: salotti, sale musica, biblioteche, ecc.
Gli individui hanno anche cominciato per la prima volta a dormire da soli in camere e letti separati.
La privatizzazione della vita umana è avvenuta di pari passo con la privatizzazione dei beni comuni. Nel nuovo mondo di rapporti di proprietà privata, in cui tutto è stato ridotto a “Mio” contro “tuo”, il concetto di agente autonomo, circondato da proprietà privata e recintata per dividerla dal resto del mondo, ha assunto una vita propria. Il diritto alla privacy è divenuto il diritto di escludere.
L’idea che la casa di ogni uomo è il suo castello ha accompagnato la
privatizzazione della vita. Le generazioni successive hanno considerato la privacy una qualità umana intrinseca fornita dalla natura, piuttosto che una semplice convenzione sociale frutto di un momento particolare nel cammino umano. Oggi, l’ “Internet delle cose” in atto sta strappando via le recinzioni che
rendevano la privacy sacrosanta e un diritto considerato tanto importante quanto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità. Per la generazione più giovane crescere in un mondo globalmente connesso dove ogni momento della propria vita viene compulsivamente pubblicato e condiviso con il mondo attraverso Facebook, Twitter, YouTube, Instagram, e innumerevoli altri social media, la privacy ha perso gran parte del suo fascino. Per loro, la libertà non è legata all’ autonomia e all’esclusione, ma piuttosto a godersi la condivisione e l’inclusione in una piazza pubblica globale virtuale. Il diktat della
generazione più giovane è la trasparenza, il suo modus operandi è la collaborazione, e la sua espressione è esercitata a titolo di produzione paritaria
in reti scalari.

I Sette Principi Della Sovranita’ del Cibo presentati da La Via Campesina al World Food Summit del 1996 a Roma.

I Sette Principi Della Sovranita’ del Cibo  presentati da La Via Campesina al World Food Summit del 1996 a Roma.

1. Il Cibo: un diritto umano fondamentale.
Ognuno deve poter disporre di cibo sano, nutriente e culturalmente appropriato in quantita’ e qualita’ sufficiente a condurre una vita sana e dignitosa. Ogni nazione dovrebbe dichiarare che l’accesso al cibo e’ un diritto costituzionale e garantire lo sviluppo del settore primario per assicurare la realizzazione concreta di questo diritto fondamentale.

2. La Riforma agraria
E’ necessaria una massiccia riforma agraria che dia alle persone che non possiedono la terra – specialmente alle donne – la proprieta’ ed il controllo della terra che lavorano e riconsegni il territorio agli autoctoni. Il diritto alla terra deve essere libero dalla discriminazione sulla base del genere, della religione, della razza, della classe sociale e della ideologia; la terra appartiene a coloro che la lavorano.

3. Proteggere le risorse naturali
La sovranita’ sul cibo comporta la cura sostenibile e l’uso delle risorse naturali, specialmente la terra, l’acqua, le sementi e i mangimi per il bestiame. La gente che lavora la terra deve avere il diritto di gestire in modo sostenibile le risorse naturali e di conservare le biodiversita’ senza sottostare a restrittivi diritti di proprieta’ intellettuale. Si puo’ ottenere cio’ solamente sulla base di un’economia solida e sicura, terreni sani e uso ridotto di prodotti agrochimici.

4. Riorganizzazione del commercio alimentare
Il cibo e’ prima di tutto una sorgente di nutrimento e solo secondariamente una merce di scambio. Le politiche agricole nazionali devono favorire la produzione per il consumo domestico e l’autosufficienza alimentare. L’importazione del cibo non deve sostituirsi alla produzione locale ne’ abbassarne i prezzi.

5. Porre fine alla globalizzazione della fame
La sovranita’ alimentare e’ danneggiata dalle istituzioni multilaterali e dalle speculazioni sul capitale. Il controllo crescente delle corporazioni multinazionali (MNCs) sulle politiche agricole e’ stato facilitato dalle politiche economiche di organizzazioni multilaterali come WTO, World Bank e IMF (International Monetary Fund). Di conseguenza c’e’ bisogno di una regolamentazione e di una tassazione del capitale speculativo e di un solido codice di comportamento per le MNC.

6. Pace sociale
Ognuno ha il diritto di essere libero dalla violenza. Il cibo non deve essere usato come arma. livelli crescenti di poverta’ ed emarginazione nelle popolazioni rurali, insieme all’oppressione crescente delle minoranze etniche e delle popolazioni indigene, aggravano le situazioni di ingiustizia e di disperazione. L’evacuazione continua, l’urbanizzazione forzata, l’oppressione dei piccoli possidenti agricoli e il razzismo crescente contro di essi non possono essere tollerati.

7. Il controllo democratico
I piccoli proprietari terrieri devono avere accesso diretto nell’espressione delle politiche agricole a tutti i livelli. le Nazioni Unite e le organizzazioni ad esse collegate devono subire un processo di democratizzazione per fare in modo che cio’ diventi realta’. Ognuno ha il diritto ad un’informazione onesta ed accurata e ad una decisionalita’ onesta e democratica. Questi diritti costituiscono la base del buon governo, della responsabilita’ e della partecipazione equa nella vita economica, politica e sociale, liberi da ogni forma di discriminazione. alle donne delle zone rurali, in particolare, bisogna garantire potere decisionale diretto ed attivo sulle risorse alimentari e sull’economia rurale.

A. Loewenstein: “Disaster Capitalism”

A. Loewenstein: “Disaster Capitalism”

Il piano, che ha ricevuto il sostegno bipartisan in Parlamento australiano, ha comportato l’esclusione di innumerevoli isole dalla zona di migrazione in Australia, e l’uso della Marina australiana per fermare le imbarcazioni che trasportavano i rifugiati. I richiedenti asilo sono stati deportati e processati in altri paesi, spesso in attesa per anni in condizioni precarie perche’ venisse loro concesso lo status di rifugiato. Nel maggio 2013, il parlamento federale ha legiferato per rimuovere il continente australiano dalla sua zona di migrazione – il che significa che tutti i richiedenti asilo che arrivano sulla terraferma possono essere inviati a impianti offshore in Nauru o in Papua Nuova Guinea. Entrambe le nazioni hanno accettato strutture sul loro territorio perché l’Australia ha utilizzato la più antica forma di persuasione: mucchi di soldi.Nel 2014 anche la Cambogia, uno dei paesi più poveri e più corrotti in Asia, è stata corrotta per ospitare alcuni rifugiati che l’Australia non ha voluto. L’offshoring era un’innovazione geniale che ha segnato uno sviluppo inquietante nell’economia mutata. Significava un minore livello di responsabilità per il fatto di collaborare con partner regionali noti per la corruzione e la brutalità. Papua Nuova Guinea e
Cambogia non hanno potuto fornire aiuto ai propri cittadini e ai rifugiati, per non parlare di gestire le persone che l’Australia ha respinto. La sovranità è stata distorta. Interrogata sui problemi all’interno dei campi di Naru e dell’isola di Manus, l’Australia ha mentito affermando che il problema non era suo e ha suggerito di chiedere ai funzionari di questi Stati “sovrani”.
L’Australia ha tirato i fili, le multinazionali hanno fatto i soldi, e agli ex avamposti coloniali sono stati lasciati i problemi (sebbene fossero stati ricompensati per questa imposizione). Questo non ha preoccupato affatto Canberra. Era vero il contrario, perché, limitando l’accesso dei media ai siti contestati, sia il governo che i corsari erano in grado di lavorare per lo più senza interruzione. Questo sistema ha anche ispirato gli altri.
Le Nazioni Unite nel 2014 hanno annunciato che stavano valutando di stabilire campi di detenzione in Egitto, Libia e Sudan per gestire l’enorme afflusso di rifugiati in Europa. Cio’ e’stato del tutto impraticabile, ma si è dimostrato che l’efficienza spietata dell’Australia aveva amici nei posti più insoliti. L’Unione europea nel 2015, di fronte a un enorme aumento di migranti indesiderati, ha annunciato una soluzione militare alla crisi, rispecchiando le politiche australiane.

Thomas Piketty: “Chronicles: On Our Troubled Times”

Thomas Piketty: “Chronicles: On Our Troubled Times”

“L’Italia è l’unico dei paesi del G-8 che è stato in una situazione di
bilancio primario quasi equilibrato per l’intero periodo 1970-2010 (in
media, la spesa pubblica ha appena superato le entrate fiscali). È anche
il paese il cui debito è aumentato di più, perché gli interessi sul debito hanno
superato in media il 6 per cento del PIL (rispetto al 2-3 per cento in tutto il resto del mondo).

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