Dani Rodrik: “The Globalization Paradox”

Dani Rodrik: “The Globalization Paradox”

Dobbiamo reinventare il capitalismo per un nuovo secolo in cui le forze della globalizzazione economica sono molto più potenti. Proprio come il capitalismo magro di Smith (Capitalismo 1.0) è stato trasformato in economia mista di Keynes (Capitalismo 2.0), dobbiamo considerare una transizione dalla versione nazionale dell’economia mista alla sua controparte globale. Dobbiamo immaginare un migliore equilibrio tra i mercati e le loro istituzioni di supporto a livello globale. Siamo tentati di pensare che la soluzione – Capitalismo 3.0 – si basi su un’estensione diretta della logica del Capitalismo 2.0: un’economia globale richiede un governo globale. Ma l’opzione del governo globale è un punto morto per la grande maggioranza delle nazioni, almeno per il prossimo futuro. Non è né pratico né auspicabile. Abbiamo bisogno di una visione diversa, che tutela i considerevoli vantaggi di una moderata globalizzazione, riconoscendo esplicitamente le virtù della diversità nazionale e la centralità del governo nazionale. Quello di cui abbiamo bisogno, in effetti, è un aggiornamento del compromesso di Bretton Woods per il ventunesimo secolo. Questo aggiornamento deve riconoscere le realtà di oggi: il commercio è sostanzialmente libero, il genio della globalizzazione finanziaria è sfuggito alla bottiglia, gli Stati Uniti non sono più la superpotenza economica dominante del mondo e i principali mercati emergenti (in particolare la Cina) non possono più essere ignorati O dare ad essi il permesso di cavalcare liberliberamente il sistema. Non possiamo tornare ad alcuna mitica “epoca d’oro” con alte barriere commerciali, controlli di capitali dilaganti e un GATT debole, né dovremmo desiderarlo. Quello che possiamo fare è riconoscere che il perseguimento dell’iperglobalizzazione è una pazzia e riorientare le nostre priorità di conseguenza.