Giulia Franchi, Luca Manes : “Land Grabbers”

Giulia Franchi, Luca Manes : “Land Grabbers”

Nel corso del tempo, l’accaparramento delle terre è diventato sinonimo di investimenti agricoli, le espropriazioni sono state chiamate acquisizioni e la privatizzazione è stata denominata sviluppo. Gli accaparratori di terra (che stanno afferrando non solo terra, ma anche acqua, fonti energetiche, foreste e ecosistemi naturali nella loro interezza) sanno che non possono fare ciò che vogliono ed essere lasciati completamente indisturbati; sono anche consapevoli del fatto che la retorica verde della sostenibilità aiuta a legittimare un numero crescente di operazioni speculative e stanno operando strenuamente per spostare l’attenzione del dibattito da “cosa” a “come”. Pertanto, hanno iniziato a sviluppare alcune guide economiche per gli investimenti responsabili e (ovviamente non vincolanti) codici di condotta che dovrebbero garantire una performance più sostenibile per i cosiddetti investitori agricoli, facendo appello alla loro buona volontà e sensibilità etica. L’aumento della trasparenza nei contratti di acquisizione di terreni è ampiamente considerato, non solo dai grabber, come l’obiettivo principale da raggiungere. Infatti, la trasparenza è auspicabile in quanto consentirebbe alle comunità interessate di capire cosa sta accadendo sulla loro terra e intraprendere azioni immediate. Tuttavia, la trasparenza da sola non può proteggere queste comunità dall’arroganza e dall’impunità di coloro che prendono la loro terra. Molti credono che una maggiore partecipazione e consultazione con le comunità locali nella definizione dei propri contratti di affitto di terreni sarebbe la panacea per tutti i mali, come se non fosse così palesemente ovvio che uno degli elementi chiave a favore degli accaparratori di terra è la loro connivenza con governi ospitanti repressivi e antidemocratici. Lo spostamento dell’attenzione sul modo in cui la terra viene acquisita piuttosto che sulle conseguenze e rischi connessi agli stanziamenti (o espropriazioni) sta allontanando pericolosamente l’attenzione dalla domanda chiave.
Il punto è parlare contro qualsiasi forma di accaparramento della terra espropriando le comunità locali della propria autorità su quelle risorse naturali dove e grazie alle quali sopravvivono; il punto non è modificare il modo in cui ciò accade per renderlo più accettabile, “sostenibile” e trasparente. Questo è un “comma 22” dal quale tutti abbiamo bisogno di difenderci. Allo stesso modo, abbiamo anche bisogno di decostruire l’associazione impropria tra acquisizione di terreni e investimenti agricoli.