“Un luogo non esiste semplicemente”, afferma il giovane narratore indiano del romanzo di Amitav Ghosh The Shadow Lines (1988), “deve essere inventato nella propria immaginazione”. Con questo pensiero, il narratore di Ghosh critica il suo amico di famiglia per aver dato per scontati lo spazio, il luogo e la geografia.
Inventati e istituiti attraverso processi storici spesso violenti, i confini sono siti di confronto, contatto, blocco e passaggio (metageografia).

Il romanzo di Ghosh è una testimonianza di tali processi di confine.
Preoccupato a livello centrale della divisione del subcontinente dell’Asia meridionale del 1947 e delle rivolte comunali che hanno preceduto la guerra di liberazione del Pakistan orientale, che ha portato alla creazione del Bangladesh nel 1971, The Shadow Lines esplora anche un’altra serie di confini che dividono lepersone dagli altri e da se stessi. Questi includono i confini che separano il colonizzatore dal colonizzato, il presente dal passato, la memoria dalla realtà, l’identità dall’immagine e, ultimo ma non meno importante, i confini cognitivi e generici che segnano diversi territori di conoscenza e scrittura. Questa proliferazione di confini, sia concettuali che materiali, fa parte di ciò che chiamiamo confine come metodo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam