Daniel Dorling: “Injustice: Why Social Inequality Persists”

Daniel Dorling: “Injustice: Why Social Inequality Persists”

Il decimo più povero della popolazione mondiale è affamato. Il decimo più ricco non ricorda un momento di fame nella storia della propria famiglia. Il decimo più povero può solo raramente assicurare l’istruzione di base ai propri figli; Il decimo più ricco si preoccupa di pagare sufficienti tasse scolastiche per assicurare che i propri figli abbiano bisogno di mescolarsi solo con i loro cosiddetti “uguali” e “migliori” e perché temono che i loro figli si mescolino con altri bambini. Il decimo più povero quasi sempre vive in luoghi dove non esiste una sicurezza sociale, nessun beneficio per la disoccupazione. Il decimo più ricco non può immaginare di dover mai cercare di vivere basandosi su quei benefici. Il decimo più povero può solo contare sul lavoro giornaliero in città, o lavorare la terra nelle zone rurali; il decimo più ricco non può immaginare di non avere uno stipendio mensile sicuro. Sopra di loro, la frazione della percentuale superiore, i più ricchi non possono immaginare di sopravvivere grazie ad uno stipendio piuttosto che sul reddito proveniente dall’interesse che la loro ricchezza genera.

Zygmunt Baumann:”Does the Richness of the Few Benefit Us All?”

Zygmunt Baumann:”Does the Richness of the Few Benefit Us All?”

C’è verità in ciò che molti di noi credono, e in cosa siamo tutti pressati e spinti a credere e troppo spesso ci sentiamo tentati e disposti ad accettare? In sintesi, è vero che “la ricchezza dei pochi è beneficio di tutti”? È vero in particolare che qualsiasi manomissione della disuguaglianza naturale degli esseri umani sia dannosa per la salute e il vigore della società, nonché per i suoi poteri creativi e produttivi che ciascun membro umano della società ha interesse di incentivare e tenere al massimo livello concepibile? E è vero che la differenziazione delle posizioni sociali, delle capacità, dei diritti e dei premi riflette le differenze nelle dotazioni naturali e i contributi dei suoi membri al benessere della società?

Abba Lerner: “The Economics of Control”

Abba Lerner: “The Economics of Control”

Il danno può essere evitato interamente abolendo ogni tassa. Le tasse possono essere necessarie perchè in loro assenza (e l’espansione delle spese governative su tutti i servizi necessari) ci sarebbero troppe spese e ci sarebbe il pericolo dell’inflazione.
In questo caso le tasse devono essere dirette alla riduzione della spesa dove è necessario che la spesa venga ridotta, e questo non puo essere sacrificato interamente alla considerazione dell’ aggiramento della distruzione del surplus attraverso la tassazione di esso da ricercarsi nel profitto dei proprietari terrieri.

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Non c’è alcuna necessità per il governo di uno stato sovrano solido di ricavare una somma di denaro solo perchè c’è bisogno di fondi, se non si vogliono portare alla luce gli effetti reali delle tasse sull’ economia.
Se c’è solo bisogno di denaro è molto facile chiederlo in presto e ancora più facile stamparlo. Il governo deve tassare perché vuole ridurre la capacità di
spesa dei tassati, possibilmente per controllare il tasso di spesa pubblica in modo da prevenire l’inflazione. Una politica di tassazione razionale ha come scopo quello di far pagare i tassati senza che il Governo guadagni nel ricevere le entrate.

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Questa situazione, con il calare dei prezzi di tutti i prodotti e della produttività, non solo sarebbe un’inconveniente per la contabilità ma richiederebbe anche la flessibilità di tutti i prezzi compresi affitti e salari. Una qualsiasi inflessibilità impedirebbe l’uso ottimale delle risorse; l’incremento del valore della moneta mentre i prezzi calano incoraggerebbe gli individui ad accumulare soldi. Laddove la liquidità monetaria sia prodotta con un costo quasi nullo e sia controllata nell’interesse generale dal Governo, sarebbe possibile stampare abbastanza moneta da soddisfare questo bisogno senza permettere che l’accumulo interferisca con il flusso della spesa necessaria per il benessere dell’economia, ma anche in quel caso potrebbe causare qualche problema.
Tutti questi inconvenienti e possibili inefficienze possono essere evitati con uno stratagemma molto semplice. Il tasso dell’interesse sul denaro è stabilito al pari del rendimento marginale che proviene dal rinvio della produzione (che è la velocità con cui i prezzi cadrebbero nell’assenza di questo stratagemma). Se una tonnellata di acciaio sacrificata quest’anno permette di aggiungere 1.1 tonnellate di acciaio alla produzione dell’anno successivo, il rendimento marginale dal rinvio della produzione di acciaio è 1/10 o il 10% ogni anno. Se il rendimento marginale derivante dal rinvio del prodotto (o il rendimento marginale derivante dall’anticipo dei fattori produttivi un anno prima) fosse del 10% all’anno, tutti i prezzi cadrebbero in questa proporzione.

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Determinare il tasso di interesse stabilisce una relazione costante tra le diverse monete in periodi differenti. 10 dollari quest’anno valgono 11 l’anno prossimo a causa dell’interesse che guadagna il dollaro. L’anno prossimo il dollaro vale di meno di quello di quest’anno per l’interesse che un dollaro può ottenere prima di diventare un dollaro dell’anno prossimo. Il tasso d’interesse deprezza il dollaro allo stesso ritmo con cui i prodotti e i fattori produttivi calano, e questo evita che i prezzi di questi calino.

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Se si aumentano i prezzi si aumenta il reddito, se si aumenta il reddito aumentano i prezzi. Quindi la riduzione del tasso di interesse origina un circolo vizioso di inflazione.
La situazione è peggiore se si alza il tasso di interesse. Investimenti e consumi cadranno insieme ai prezzi. Cadrà anche il reddito del lavoro e con ciò ci sarà un ulteriore calo della domanda e dei prezzi. Ora ci troviamo di fronte a un circolo vizioso di deflazione per il quale non abbiamo solo la rovina della politica monetaria ma anche un aumento della disoccupazione. Potremmo chiamare questa politica coscienziosa del Governo per evitare gli aspetti negativi dell’inflazione e deflazione finanza funzionale.

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Per evitare queste catastrofi il Governo deve apportare un calo dei consumi ogni volta che aumenta gli investimenti, mentre deve apportare un aumento dei consumi ogni volta che diminuisce gli investimenti. In questo modo si può mantenere la domanda totale a un livello tale da impiegare tutti i fattori produttivi, ma non sufficiente da causare inflazione. Ma questo non è abbastanza. Si devono equilibrare anche cambiamenti spontanei negli investimenti o nei consumi se si vogliono prevenire inflazione e depressione. Infatti il Governo ha il compito di mantenere continuamente una domanda sufficiente per i fattori di produzione, tramite consumi e investimenti, in modo che ci sia una domanda tale da garantire la piena occupazione senza scatenare inflazione. I consumatori ricevono parte del reddito come pagamento per la loro forza lavoro da parte dei manager di produzione, che assumono forza lavoro in base alla Regola. Il resto del reddito dei consumatori deriva dal Governo. Ciò può essere considerato come la condivisione, da parte del cittadino, delle entrate di fattori di produzione oltre alla forza lavoro, tuttavia si ritiene che il Governo debba distribuire abbastanza da indurre i consumatori a spendere la giusta quantità di denaro che, assieme agli investimenti necessari ai fattori di produzione, garantisca una piena occupazione.
La distribuzione di questo “dividendo sociale” può seguire qualsiasi percorso che il Governo ritiene opportuno.
Si potrebbe sostenere che, allo scopo di una ripartizione ottimale del reddito, la distribuzione del dividendo sociale non dovrebbe essere troppo disuguale. La mia opinione è che si dovrebbe suddividere equamente tra ogni membro della società come suo diritto di cittadino, senza domande né eccezioni. Non ci potrebbe essere una miglior garanzia della libertà e indipendenza dell’individuo.

Abba Lerner: “The Economics of Control”

Abba Lerner: “The Economics of Control”

Molte persone reputano sgradevole la tranquilla accettazione di una perdita netta in una misura di produzione o in un’industria come se non ci fossero conseguenze per nulla fintanto che si segue la regola. Chiunque sia cresciuto in una società capitalistica sente istintivamente che c’è qualcosa di sbagliato quando la spesa supera il reddito e dovrebbe esserci una regola per impedirlo. E’ già stato detto abbastanza sulle ragioni legali e su come sia giustificata nei termini del miglior uso di risorse senza riferimento al fatto che sia un profitto o una perdita.
Tutto ciò che abbiamo da dire a riguardo è che questa sensazione non e’ altro che un’ illogica (anche se comprensibile) trasposizione dall’economia capitalistica, nella quale questa sensazione è perfettamente inquadrata, all’economia controllata, dove essa è semplicemente irrilevante.
Questo sistema consiste di due livelli. Il livello pù basso è basato sull’interesse dell’individuo che guida spontaneamente ogni uomo d’affari nel corso del suo lavoro. E’ irrilevante dove lo scopo considerato non sia il profitto o la soluzione di qualsiasi individuo, gruppo o azienda, ma il migliore utilizzo delle risorse della società.
Il livello più alto è basato sull’identificazione della perfetta competizione con il migliore uso delle risorse invece di riconoscerlo semplicemente come un modo di causare il miglior utilizzo delle risorse che è possibile sotto certe condizioni specifiche di produzione.
Tutti i “sintomi” della perfetta competizione vengono poi ritenuti erroneamente essere le condizioni per il miglior uso delle risorse.
Un sintomo di questa è che non ci sono perdite; si pensa che questa sia una condizione per il miglior uso della risorsa.
A questo livello i profitti fuori dalla norma sono quindi tabù per la stessa ragione, e questo ha condotto alla proposta di una regola per far si che p=ac (dove p= prezzo del prodotto e ac= costo medio).
Questo sillogismo non regge perchè il miglior utilizzo delle risorse non è identico alla perfetta competizione.
Questo puo essere raggiunto attraverso l’applicazione della regola in condizioni in cui è tecnicamnete impossibile riprodurre tutti i sintomi della perfetta competizione.
Quindi accade a causa di questa impossibilità che la perfetta competizione spesso distrugge se stessa e il miglior uso delle risorse può solamente essere ottenuto tramite l’applicazione della Regola da parte delle agenzie collettiviste o da un mantenimento artificioso della perfetta competizione da parte della controspeculazione supportata dai sussidi di stato.

Thomas Piketty: “Chronicles: On Our Troubled Times”

Thomas Piketty: “Chronicles: On Our Troubled Times”

Dopo il 1929, i governi ritennero responsabili coloro che si erano arricchiti di aver condotto il mondo sull’orlo dell’abisso: grandi aumenti delle tasse sui profitti e imposte progressive sui redditi molto alti e sulla ricchezza, ogni sorta di nuovi controlli sui capitali (regolamentazione finanziaria rigorosa, controlli sul prestito, nazionalizzazioni, ecc).

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Saskia Sassen: “Expulsions”

Saskia Sassen: “Expulsions”

Visivamente cio’ che ci appare può sembrare “russo” o “americano”, ma questi
marcatori geografici di un’epoca precedente sono ancora utili a comprendere il
carattere della nostra epoca ? La mia tesi non ritiene che le forze distruttive delle quali scrivo siano tutte interconnesse. Piuttosto, intendo che queste forze distruttive attraversano i nostri confini concettuali – termini e categorie che usiamo per pensare all’economia, alla politica, alla diversità degli stati-nazione
e alle ideologie dal comunismo al capitalismo. Ma lo fanno in modi che sono invisibili al nostro occhio concettuale. In questo senso, allora, io li descrivo come concettualmente sotterranei. Sono complessi da comprendere. continua a leggere…