Fanny Pigeaud, Ndongo Samba Sylla : ” Africa’s Last Colonial Currency “

Fanny Pigeaud, Ndongo Samba Sylla : ” Africa’s Last Colonial Currency “

Un sistema monetario che reprime il credito interno, come il sistema CFA, riflette una mancanza di fiducia nella capacità degli agenti economici di fare un uso produttivo dei prestiti bancari.

Gli economisti ortodossi e le istituzioni internazionali per lo sviluppo concepiscono solo due modi attraverso i quali i paesi poveri possono finanziare il loro sviluppo. O le famiglie decidono di consumare meno per ottenere un surplus di risparmio che consenta il finanziamento degli investimenti; oppure questi paesi devono trovare i soldi all’estero: aiuti allo sviluppo, debito estero, investimenti esteri, ecc. La prima opzione è impraticabile: le famiglie povere difficilmente saranno in grado di risparmiare fino a quando non saranno soddisfatti i loro bisogni primari, mentre i cittadini più ricchi di solito preferiscono investire i loro risparmi all’estero. Resta quindi una sola possibilità: dipendere da capitali stranieri per finanziare lo sviluppo.
In realtà, i paesi poveri possono finanziare il proprio sviluppo senza ridurre i propri consumi e senza fare affidamento su capitali esteri. Se vuoi mobilitare risorse interne, il modo più semplice per farlo è attraverso la creazione di denaro. Germania e Cina, due paesi che hanno sperimentato un progresso economico rapido e spettacolare, illustrano eloquentemente il potere della creazione di denaro.
Nonostante la distruzione che il suo apparato produttivo aveva subito durante la seconda guerra mondiale, tra il 1950 e il 1960 la Germania riuscì a raddoppiare il proprio reddito pro capite. Ha certamente beneficiato di un ambiente internazionale favorevole, oltre che, naturalmente, del Piano Marshall. Ma la sua ricostruzione è stata finanziata principalmente con risorse interne. All’inizio degli anni Cinquanta il tasso di risparmio delle famiglie era inferiore al 4% del PIL (anche inferiore agli standard osservati nei paesi più poveri), mentre il tasso di investimento era superiore al 20% e raggiunse addirittura il 25% alla fine degli anni ’60. Il divario tra risparmi e investimenti è stato colmato principalmente dalla creazione di denaro e dal reinvestimento degli utili aziendali. Tra il 1950 e il 1960 il volume dei crediti è aumentato di sei volte, passando dal 27 al 55 per cento del PIL.