La critica del fondamentalismo religioso europeo e americano è un vecchio argomento con infinite variazioni. Lo stesso autocompiacimento con il quale i liberali prendono in giro i fondamentalisti evidenzia il vero problema:
la dimensione di classe nascosta. E lo stesso vale per la controparte sentimentale di questa presa in giro: la solidarietà patetica con i rifugiati e la non meno falsa e patetica auto-umiliazione di ‘Noi’ come, per definizione, colpevoli della condizione in cui si trovano loro stessi. Il compito è quello di costruire ponti tra la “nostra” e la “loro” classe lavoratrice, impegnandoli in una lotta per la solidarietà. Senza questa (Che include la critica e l’autocritica di entrambe le parti), la lotta di classe si trasforma in uno scontro di civiltà. Ecco perché  un altro tabù da lasciarsi alle spalle è l’abbandono delle preoccupazioni e desideri delle cosiddette ‘persone comuni’ che sono affette dalla presenza dei rifugiati come espressione di pregiudizi razzisti – se non addirittura neo-fascismo. Dobbiamo davvero permettere che Pegida e co. siano l’unica opzione da offrire a queste persone?

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