All’opposto di queste due scuole di pensiero si erge la tradizione classica dell’economia, che è il culmine di centinaia di anni di insegnamento in tutto il mondo. Comunemente chiamata oggi scuola austriaca, in onore dell’ultima grande generazione di economisti austriaci nella sua epoca d’oro prima della prima guerra mondiale, questa scuola si basa sul lavoro degli economisti scozzesi classici, francesi, spagnoli, arabi e greci antichi nel chiarire la propria comprensione dell’economia. A differenza della fissazione keynesiana e monetarista su rigorose analisi numeriche e sofisticata matematica, la scuola austriaca si concentra sull’instaurazione di una comprensione dei fenomeni in modo causale e sulla deduzione logica delle implicazioni da assiomi manifestamente veri. La teoria austriaca della moneta presuppone che la moneta emerga in un mercato come la merce più commerciabile e l’attività più vendibile, l’unica attività i cui detentori possono vendere con la massima facilità, in condizioni favorevoli. Un’attività che detiene il suo valore è preferibile a un’attività che perde valore e i risparmiatori che desiderano scegliere un mezzo di scambio graviteranno verso attività che detengono valore nel tempo come attività monetarie. Gli effetti di rete significano che alla fine solo uno o pochi beni possono emergere come mezzi di scambio. Per Mises, l’assenza di controllo da parte del governo è una condizione necessaria per la solidità del denaro, dal momento che il governo avrà la tentazione di declassare il proprio denaro ogni volta che inizia ad accumulare ricchezza mentre i risparmiatori investono in esso.

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