Mentre la dotazione statale può essere umanizzata e i mercati addomesticati dal compito sociale, il compito fondamentale richiede che sia lo stato sia il mercato facciano un passo indietro. I beni comuni danno un’alternativa importante a entrambi. Lo slogan anti-capitalista, sopra tutti, dovrebbe essere “difendere, estendere e approfondire i beni comuni”. Nella storia, essi sono stati la forma dominante della regolazione, fornendo un’alternativa quasi totalmente ignorata dagli economisti, riluttanti ad ammettere che i sostituti al mercato e allo stato persino esistano. All’interno dei beni comuni, la scarsità, se esiste, è di solito gestita e le risorse vengono conservate attraverso sistemi di allocazione organizzati dagli utenti. I beni comuni funzionano meglio per consenso e, a differenza del capitalismo, non dipendono dalla crescita costante. Forniscono accesso condiviso a risorse importanti affinché i bisogni umani possano essere soddisfatti con potenziale equità. La globalizzazione anti-capitalista potrebbe essere etichettata come il movimento per i beni comuni. Dove perdono i capitalisti, i neo-liberali continueranno costantemente. Le loro richieste sono illimitate perché il capitalismo, per sopravvivere, necessita di una continua commodificazione. Il capitalismo cerca di estendere la merce; il movimento anticapitalistico resiste conservando i beni comuni. Ad esempio, nel sud America e nel sud Africa, la protesta di base mira a impedire la privatizzazione dell’acqua. Nel cyberspazio, downloaders, hackers e designers open source cercano di mantenere l’accesso gratuito. I verdi e gli ecofemministi di sussistenza proteggono i terreni comunali dalle società private.

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